Da fondatore di un’agenzia di comunicazione e da buon Millennial credo (e spero) di aver capito abbastanza su come ragiona la mia generazione. Ma mi sono reso conto (soprattutto grazie agli acciacchi) che in realtà ora è la Generazione Z ad entrare nel pubblico interessante per molte aziende.
Chi sono i Gen Z?
Giusto per chiarire, sono quelli nati tra il 1997 e il 2012, la maggior parte di quali ha una buona disponibilità economica (per il contesto storico, ovviamente) perché entrati nel mondo del lavoro ma senza lasciare la casa dei genitori e beneficiando da subito dello smart working (quindi con risparmi considerevoli soprattutto per quello che riguarda l’affitto, non dovendosi per forza spostare di città per lavorare). Dalle ricerche che ho letto online non mi stupisco che più della metà di loro passi più di quattro ore al giorno sui social (in pratica ci sono cresciuti dentro) e più dell’80% faccia acquisti dopo aver visto un prodotto sui social.
E che preferiscano gli acquisti online (senza disdegnare le esperienze di persona, ma devono essere appunto “esperienze”) e le aziende che hanno dei valori a cui si sentono vicini mi pare quasi scontato dirlo.
Ma come può un’azienda quindi parlare alla Gen Z sui social media?
- Prima di tutto, i GenZ preferiscono i content creator agli influencer, perché essi mettono al primo posto l’autenticità e l’originalità, al contrario di quello che erano gli influencer che si ponevano all’interno di un discorso aspirazionale (“puoi essere come me”). I content creator sono affidabili proprio perché “sono già come me”;
- In secondo luogo, con la GenZ acquista valore l’engagement rispetto ai follower. Infatti rispetto al passato, le persone della GenZ seguono i contenuti sui “For you” di TikTok, usano spesso il Discover di Instagram e le Raccomended page di YouTube, quindi senza seguire i brand online. Per le aziende quindi è anche importante capire che il contenuto deve portare engagement, piuttosto che a far crescere i follower. Per esempio, per un’azienda che ha sedi locali è meglio avere un profilo local che parla di ciò che accade intorno all’utente, con il suo linguaggio e il suo bacino culturale piuttosto che una pagina centralizzata con migliaia di follower;
- Un altro punto su cui le aziende devono lavorare, anche le digital agency, è il trend come vantaggio competitivo: portare il proprio messaggio su TikTok, sui reel o sui YouTube Shorts è essenziale, con il “keep it simple” che è sempre più importante rispetto alla creazione di contenuti visivamente ricercati (cosa che in parte rimane però su Instagram);
- E una cosa incredibile ma vera: Google Business è per le attività locali ancora importantissimo. Perché come detto i GenZ vogliono esperienze per le attività di persona e quale miglior mezzo per trovare la giusta esperienza se non le recensioni, le foto degli utenti e tutte le informazioni che trovano su Google? E sappiamo bene che per le ricerche local, una scheda ottimizzata è il primo biglietto da visita.
Quindi se vogliamo iniziare a parlare anche con i ragazzi della Generazione Z, dobbiamo sicuramente tenere conto di queste informazioni per non trovarci a breve con una fetta di mercato che nulla sa di noi e con cui non siamo in grado di parlare.